Il T.A.R. per il Lazio, con la sentenza n. 12094/2018, pubblicata il 12 dicembre 2018, ha respinto il ricorso proposto da Vodafone Omnitel contro l’AGCOM, per l’annullamento della delibera n. 161/14/CONS, con la quale le era stata irrogata una sanzione amministrativa pecuniaria di 255 mila euro.

Il fatto.

Nel dicembre 2013, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni aveva contestato alla Compagnia telefonica la violazione dell’art. 80, commi 4-bis e 4-ter, del Codice delle Comunicazioni Elettroniche, per aver creato plurimi disservizi nei confronti dei propri clienti. Questi ultimi consistevano nel mancato rispetto delle norme di legge nel curare i processi di migrazione degli utenti, nei casi in cui Vodafone stessa era coinvolta come operatore donating (cioè tenuto al rilascio del proprio ex cliente a vantaggio di altro operatore, detto recipient).

L’AGCOM aveva appurato che Vodafone non eseguiva le attività di propria competenza secondo i tempi e le modalità previsti dalla legge, ledendo così i diritti degli utenti di optare per offerte economicamente più vantaggiose e di usufruire in maniera regolare dei servizi voce e dati anche durante i tempi necessari al trasferimento delle utenze presso un’altra impresa.

La società, in particolare, “aveva attuato, nel corso delle attività di passaggio dei clienti ad altro operatore, ‘procedure interne non conformi a quanto disciplinato dalla legge e dai regolamenti emanati dall’Autorità con particolare riferimento alla mancata esecuzione delle attività di competenza in concomitanza della data di attesa consegna del servizio (cd. DAC)‘”.

Nei casi in cui Vodafone assumeva il ruolo di operatore donating, essa provvedeva a de-configurare del tutto il cliente dai propri sistemi solo nel momento in cui aveva la certezza delle operazioni di avvenuta migrazione (cioè nel momento della notifica di espletamento, cd. NES) e non, invece, alla data temporalmente antecedente della “attesa consegna del servizio”, come previsto dalla normativa in materia.

La pronuncia del Tribunale Amministrativo.

Con la sentenza in commento, pertanto, è stata confermata l’illegittimità della prassi adottata dalla compagnia telefonica in modo del tutto arbitrario, non rientrando tra i compiti assegnati al donating quello di prevenire gli eventuali disguidi che l’utente potrebbe subire nel caso in cui l’operatore incumbent non eseguisse tempestivamente le attività di trasferimento della linea di sua competenza. Di conseguenza il T.A.R. per il Lazio ha confermato la sanzione amministrativa irrogata dall’AGCOM.

Clicca qui per leggere il testo integrale della sentenza:

https://www.giustizia-amministrativa.it/cdsintra/cdsintra/AmministrazionePortale/DocumentViewer/index.html?ddocname=4SH7OL6AB4HU6VZQFKC6IY7SKY&q=

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Cass. 29254/2018: attraversare la strada in modo imprudente e in condizioni psico-fisiche precarie, cioè dopo l’utilizzo di stupefacenti e alcol, comporta un “prevalente concorso di colpa” nel caso in cui si venga investiti da un veicolo.

Questo è quanto deciso dalla Suprema Corte con sentenza n. 29254/18, che ha attribuito la responsabilità dell’incidente in misura dei tre quarti alla persona investita poichè, al momento dell’attraversamento, un testimone, ha riferito che la persona travolta dall’auto “puzzava di birra e barcollava” e secondo i Giudici avrebbe dovuto usare la massima prudenza essendo una strada priva di illuminazione artificiale e in ora buia.

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Le SS.UU. con sentenza n. 30657/2018 hanno disposto che, se in un giudizio di divorzio introdotto innanzi al giudice italiano, vi siano domande inerenti la responsabilità genitoriale di figli minori non residenti abitualmente in Italia, la giurisdizione spetta alla Autorità Giudiziaria del paese di residenza abituale del minore, ai sensi degli artt. 8, par. 1, del Regolamento CE n. 2201 del 2003 e 3 del Regolamento CE n. 4 del 2009, poichè si tende a salvaguardare l’interesse preminente del minore e che i provvedimenti siano adottati dal giudice del luogo più vicino al medesimo.

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Con la recente sentenza n. 26770/2018, la Suprema Corte di Cassazione, decidendo su una richiesta di risarcimento dei danni avanzata dal proprietario di un cane per i danni da quest’ultimo subiti a seguito di un investimento stradale, ha negato la risarcibilità del danno non patrimoniale derivante dal ferimento dell’animale da affezione. Questo evento, infatti, non rientra in alcuna categoria di danno risarcibile. Non è sufficiente, pertanto, la deduzione di un danno in re ipsa, con il generico riferimento alla perdita della “qualità della vita”, ma è necessaria la prova dell’effettivo danno subito.

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