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La Seconda sezione civile, della Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 8277/2019, depositata in data 25 marzo 2019, ha cassato la sentenza della Corte territoriale precisando che deve verificare la soglia di tollerabilità delle immissioni di alcuni pali dell’alta tensione installati, da parte di una Società, nella parte retrostante di due appartamenti in condominio. 

Il fatto

I proprietari degli appartamenti in condominio hanno sostenuto che durante una notte, degli operai di una Società confinante con il rispettivo fabbricato, hanno installato dei pali dell’alta tensione.

A detta dei proprietari, tali installazioni abusive, emettevano radiazioni lesive per la salute, chiedendo la condanna alla rimozione e al risarcimento danni.

Il Tribunale prima e la Corte d’appello poi, hanno accolto le domande dei ricorrenti condannando la Società. 

La pronuncia 

I giudici dell’appello, hanno applicato il principio di precauzione sostenendo che, anche se non vi sono prove che statuiscono il nesso di causalità, il danno alla salute si reputa presunto anche se la scienza medica non ha riscontrato effetti negativi con l’esposizione dell’uomo ai campi elettromagnetici.

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza a diversa composizione della Corte d’appello, non avvallando la decisione dei giudici del secondo grado.

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Avv. Marco Damoli

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Ferrara, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.

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La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 31462, depositata in data 5 Dicembre 2018, ha ritenuto che l’installazione di un ascensore sulle parti comuni, senza previa delibera assembleare in senso favorevole, è legittima ai sensi dell’art. 1102 c.c.

Il fatto

I condomini non interessati all’installazione di un ascensore all’interno dello spazio comune di un condominio chiedevano ne venisse dichiarata l’illegittimità oltre al ripristino dello stato dei luoghi ed al risarcimento dei danni.

Il Tribunale di Ascoli Piceno rigettava tutte le domande e la Corte D’Appello di Ancona, pronunciandosi sul gravame proposto dagli attori di I grado, confermava la sentenza.

La pronuncia

Secondo la giurisprudenza della Corte qualora un esborso relativo ad innovazioni volte all’eliminazione delle barriere architettoniche sia stato assunto interamente a carico di un condomino, trova applicazione la norma di cui all’art. 1102 c.c., che contempla anche le innovazioni, in forza della quale ciascun partecipante può servirsi della cosa comune – purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri condomini di farne uguale uso secondo il loro diritto – e può apportare alla stessa a proprie spese le modificazioni necessarie a consentirne il migliore godimento.

Nel caso di specie la Suprema Corte ha confermato la decisione in appello che aveva ritenuto l’installazione di un ascensore sulle parti comuni, eseguita dai convenuti in primo grado a loro spese, legittima ex art. 1102 c.c., non ricorrendo una limitazione della proprietà degli altri condomini incompatibile con la realizzazione del manufatto, che è da ritenersi indispensabile ai fini dell’accessibilità dell’edificio e della reale abitabilità dell’appartamento.  

Sent. n. 31462_2018 ascensore in condominio

Dott. Marcello Orlandino

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Verona, è iscritto all’Ordine degli Avvocati di Verona, nel Registro dei Praticanti abilitati al patrocinio. Si occupa prevalentemente di diritto amministrativo e diritto civile.

 

 

La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 8275/2019, depositata in data 25 marzo 2019, ha affermato che, per la regolarità della convocazione dell’assemblea condominiale, basta la prova, inviata all’indirizzo dei condomini, della spedizione della raccomandata.

Il fatto

Un condomino ha proposto ricorso e ha sostenuto la non validità della convocazione assembleare, poiché non ha ricevuto correttamente la raccomandata.

Il Tribunale ha affermato che non è necessaria la ricezione della raccomandata, bensì basta la prova dell’invio da parte dell’amministratore.

E’ stato proposto ricorso in Cassazione dopo che la Corte territoriale ha confermato la sentenza del Tribunale.

La pronuncia 

La Cassazione ha affermato che la convocazione dell’assemblea non rientra nel novero del regime delle notificazioni, bensì nel 1335 c.c. che richiama la conoscibilità e non la conoscenza dell’atto.

Quindi, in tal caso, sarebbe stato onere del condomino dimostrare il mancato recepimento dell’atto di convocazione dell’assemblea per causa a lui non imputabile.

Per concludere, la Corte di Cassazione ha ribadito che l’atto di convocazione dell’assemblea è un atto unilaterale recettizio di natura privata.

Di talchè, il condominio avrà esclusivamente l’onere di dimostrare la data di invio dell’atto all’indirizzo del condomino.

Valida assemblea anche senza la ricezione atto, basta dimostrare l'invio

 

Avv. Marco Damoli

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Ferrara, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.

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La Cassazione, con ordinanza n. 7618, depositata il 18 marzo 2019, ha affermato che è un abuso parcheggiare, anche per pochi minuti, il proprio motoveicolo nel cortile del condominio per violazione del principio dell’uso della cosa comune.

Il fatto

Due signori, rispettivi proprietari di due appartamenti del medesimo stabile condominiale, sono soliti parcheggiare i propri motoveicoli nel cortile del palazzo e, nello specifico, in prossimità dell’appartamento di un terzo condomino.

Quest’ultimo si è rivolto al Tribunale affinché fosse dichiarata la limitazione dell’accesso nel cortile condominiale dei motoveicoli.

Sia in primo grado che in Corte d’Appello, la domanda è stata accolta perché l’abitudine di due soli condomini ha impedito a tutti gli altri di godere delle parti comuni dell’edificio.

È stata considerata irrilevante, inoltre, la saltuarietà delle soste, in quanto non è stata esclusa la lunga durata delle medesime.

La pronuncia

I giudici della Suprema Corte di Cassazione hanno ritenuto corretta la visione dei giudici di merito.

In particolare, hanno affermato che “la sosta dei mezzi meccanici nel cortile comune ne pregiudica la transitabilità, sì da impedire od ostacolare l’accesso all’unità immobiliare del singolo condomino“.

Con tale inciso, la Corte ha inteso confermare l’avvenuto abuso dell’utilizzo del cortile condominiale, poiché gli altri condomini non hanno potuto godere del libero e pacifico godimento del piazzale.

Di conseguenza, anche l’occupazione per breve tempo del cortile è considerato un abuso, ove non permetta a tutti i condomini di godere del proprio diritto di comproprietà sulla parte comune.

Moto parcheggiate nel cortile

Avv. Marco Damoli

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Ferrara, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.

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La Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 4889/2019, depositata in data 19 febbraio 2019, ha statuito che la giurisdizione in materia di acquisto di immobile abusivo spetta al Giudice Ordinario e non al Giudice Amministrativo.

Il fatto

Un privato ha chiesto il risarcimento danno, ex art. 2043 c.c., al Comune, poiché ha sostenuto che non ha posto in essere la diligenza di vigilare sul rispetto delle prescrizioni urbanistiche nella costruzione di un fabbricato da parte di una Società.

Il ricorrente ha acquistato l’immobile riponendo fiducia nel Comune, con la consapevolezza che lo stesso avesse visionato e controllato la conformità alla legge e alla disciplina urbanistica.

Solo in un secondo momento, il cittadino, ha scoperto che vi erano molteplici irregolarità edilizie ed urbanistiche rendendolo, in parte, abusivo.

Il Giudice del Tribunale, nel giudizio instaurato con la Società, chiamata in giudizio, e il Comune, ha ritenuto che la controversia dovesse essere devoluta al Giudice Amministrativo, poiché collegata all’attività della P.A., quindi, è stato proposto il regolamento preventivo di giurisdizione chiedendo l’autorizzazione del Giudice Ordinario.

Il Comune ha resistito, al contrario della Società che non ha svolto difese.

La pronuncia

La decisione è stata disposta affermando che il problema non riguarda la legittimità dei titoli abitativi relativi alla costruzione della Società, ma riguarda esclusivamente la situazione di diritto soggettivo, ossia l’integrità del patrimonio leso, presuntivamente, dal ricorrente.

Per tale motivo, la decisione è stata fondata sulla non risarcibilità del danno, poiché non riguarda un diritto soggettivo relativo alle materie di esclusiva competenza del Giudice amministrativo.
Di talché, la giurisdizione è del Giudice ordinario.

Avv. Marco Damoli

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Ferrara, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.

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Con la sentenza n. 738, pubblicata il 23 ottobre 2018, la Prima Sezione Civile del Tribunale di Massa ha definito il concetto di lesione del decoro architettonico conseguente alla realizzazione di opere sulle parti in proprietà esclusiva di un condominio.

Il fatto

Il proprietario dell’appartamento posto all’ultimo piano di uno stabile condominiale ha eseguito alcune opere presso la sua abitazione.

Tra queste, ha chiuso il lastrico solare di proprietà esclusiva, ha modificato tutti i parapetto dell’attico, ha aperto una seconda porta d’accesso all’appartamento, ha chiuso alcune finestre del piano casa condominiale e ha demolito la canna fumaria comune.

Gli altri condomini, dunque, lo hanno citato in giudizio per far accertare l’illiceità delle opere realizzate dallo stesso e sentirlo condannare a ripristinare lo stato dei luoghi, avendo le stesse modificato il prestigio del palazzo.

La pronuncia

Il Tribunale toscano ha, preliminarmente, ricostruito la nozione di decoro architettonico come delineata dalla Suprema Corte di Cassazione.

Esso riguarda l’estetica del fabbricato fornita dalle linee e dalle strutture ornamentali che costituiscono la nota dominante dell’edificio, ma non l’impatto dell’opera con l’ambiente circostante.

L’alterazione dello stesso, allora, deve valutarsi non solo con riferimento all’armonia di dette linee e strutture, ma anche alla modifica dell’originario aspetto di singoli elementi che abbiano una sostanziale autonomia, tale da causare significative ripercussioni pregiudizievoli nella valutazione economica delle singole unità immobiliari.

Il singolo condomino, che esegue opere sulle parti di proprietà esclusiva, altera dunque il decoro architettonico dello stabile se, tenendo conto delle caratteristiche dell’edificio al momento dell’opera, modifica l’avvenenza dell’intero fabbricato, o di parti di esso, e reca un pregiudizio tale da comportare un deprezzamento dello stesso e delle unità immobiliari in esso comprese.

Nel caso in esame, all’esito dell’istruttoria svolta, il giudice ha ritenuto che le innovazioni realizzate dal condomino dell’ultimo piano non fossero tali da pregiudicare il decoro dell’intero edificio e, quindi, ha respinto tutte le domande proposte dagli attori.

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Avv. Mattia Verza

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Verona, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.

Con la recente ordinanza n. 620 del 14 gennaio 2019, la Sesta Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione ha stabilito che nel caso di condominio cd. minimo, cioè di condominio composto da due soli partecipanti, la spesa autonomamente sostenuta da uno solo di essi è rimborsabile soltanto nell’ipotesi in cui abbia i requisiti dell’urgenza, ai sensi dell’art. 1134 c.c..

Il fatto

In un piccolo complesso condominiale, composto di due sole unità immobiliari, il proprietario dell’appartamento al piano terra ha eseguito, a proprie spese, lavori di manutenzione e riparazione di un cortile e di un viale d’accesso comuni alla propria abitazione ed all’appartamento sovrastante, di proprietà esclusiva di un altro condomino.

Colui che ha sostenuto le spese ha adito il Tribunale di Nola chiedendo che il proprietario dell’abitazione posta al piano primo fosse condannato al pagamento di una somma a titolo di risarcimento dei danni patrimoniali subiti, a seguito della mancata corresponsione della quota di sua spettanza.

I giudici territoriali, sia in primo sia in secondo grado, hanno rigettato la richiesta dell’attore.

La pronuncia

Anche gli Ermellini hanno respinto la domanda del proprietario dell’appartamento al piano terra, in quanto lo stesso non ha provato, nel corso dei giudizi di merito, il presupposto dell’urgenza delle opere realizzate sulla parte comune del condominio, che è invece occorrente.

L’art. 1134 c.c. riconosce il diritto ad un condomino di ottenere il rimborso delle spese dallo stesso sostenute per la gestione delle parti comuni dell’edificio, senza previa autorizzazione dell’amministratore o dell’assemblea, solamente nel caso in cui le stesse siano urgenti.

Secondo la Cassazione,  detta urgenza si riscontra in quegli esborsi che, da un lato, sono giustificati dall’esigenza di manutenzione e che, dall’altro lato, non possono essere differiti senza danno o pericolo fino all’ottenimento della predetta autorizzazione.

È, in ogni caso, onere di chi agisce per ottenere il rimborso delle anticipazioni, dimostrare la sussistenza di tale presupposto. Non ne è necessaria la prova, invece, solo nell’ipotesi di mera trascuranza degli altri condomini.

La regola così enunciata si applica anche al condominio minimo, la cui assemblea può ovviamente deliberare solo all’unanimità. In mancanza di accordo, tuttavia, è comunque indispensabile ricorrere all’autorità giudiziaria per ottenere l’approvazione all’esecuzione delle opere di riparazione, ai sensi dell’art. 1105 c.c..

Studio Legale Damoli

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Con ordinanza n. 30472/2018, la Cassazione ha statuito che il danneggiato che agisce per richiedere il risarcimento del danno da occupazione di un bene condominiale, come il cortile, deve provare il pregiudizio economico subito a seguito dell’occupazione.

Il danno nascerebbe dalla perdita della disponibilità del bene, il quale perderebbe così la stessa utilità che avrebbe se fosse libero.

Per tale motivo, risulterebbe accertabile dal Giudice solo mediante presunzioni e, la liquidazione, deriverebbe da un cd. danno figurativo.

Nel caso di specie, un condominio ha citato in giudizio il proprietario di un locale commerciale sito all’interno del condominio perché ha occupato un garage dello stabile con paletti e catene, impedendo così l’accesso agli altri condomini.

Il condomino convenuto si è costituito in giudizio invocando la proprietà esclusiva del bene.

La Suprema Corte ha affermato che colui che ha subito il danno è onerato della prova del pregiudizio patrimoniale patito.

Il fatto lesivo coincide con il danno subito, quindi con l’occupazione della “res” e, una volta allegato il “danno conseguenza”, le circostanze assunte dal danneggiato verranno considerate su base presuntiva-probabilistica.

Studio Legale Damoli

Sent. cortile condominio