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L’inserimento di foto di minori sui social network deve considerarsi un’attività in sé pregiudizievole, in ragione delle caratteristiche proprie della rete internet.

Il fatto

All’esito di un divorzio, i figli sono stati assegnati congiuntamente ai genitori, con collocazione presso la madre.

Già prima dello scioglimento del matrimonio, la nuova compagna del padre ha condiviso ripetutamente sui social network fotografie dei figli minorenni degli ex coniugi.

Nonostante le diffide, sia verbali sia scritte, inviate alla signora, questa ha continuato a porre in essere il comportamento pregiudizievole nei confronti dei minori.

La madre ha, quindi, adito il Tribunale di Rieti, in via d’urgenza, per ottenere l’opportuna tutela nei confronti degli interessi dei propri figli.

La pronuncia

I giudici laziali, con la sentenza del 7 marzo 2019, hanno ritenuto fondata la progettazione della ricorrente.

La tutela della vita privata e dell’immagine dei minori è disciplinata, nel nostro ordinamento, dall’art. 10 c.c., dal Codice della Privacy e dalla Convenzione di New York del 1989.

Secondo l’Unione Europea, i minori meritano una specifica protezione relativamente ai loro dati personali. Essi possono essere meno consapevoli dei rischi, delle conseguenze e delle misure di salvaguardia e dei loro diritti in relazione al trattamento dei dati personali.

Inoltre, “l’inserimento di foto di minori sui social network costituisce comportamento potenzialmente pregiudizievole per essi in quanto ciò determina la diffusione delle immagini fra un numero indeterminato di persone, conosciute e non, le quali possono essere malintenzionate e avvicinarsi ai bambini dopo averli visti più volte in foto on-line, non potendo inoltre andare sottaciuto l’ulteriore pericolo costituito dalla condotta di soggetti che taggano le foto on-line dei minori e, con procedimenti di fotomontaggio, ne traggono materiale pedopornografico da far circolare fra gli interessati, come ripetutamente evidenziato dagli organi di polizia (…) il pregiudizio per il minore è dunque  insito nella diffusione della sua immagine sui social network“.

Di conseguenza, la compagna del padre è stata condannata  alla rimozione delle immagini relative a questi ultimi e alla contestuale inibitoria della futura diffusione di tali immagini, in assenza del consenso di entrambi i genitori

Tribunale di Rieti

Avv. Mattia Verza

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Verona, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.

Con la sentenza n. 6281/2019, pubblicata l’8 febbraio 2019, la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione ha precisato che il reato di atti osceni in luogo pubblico, depenalizzato dal D. Lgs. n. 8/2016, sussiste ancora per l’ipotesi di atti commessi all’interno o nelle immediate vicinanze di luoghi abitualmente frequentati da minori, qualora derivi il pericolo che essi vi assistano.

Il fatto

Nel luglio del 2018, un uomo è stato visto masturbarsi in un parco da alcuni passanti, i quali hanno informato un maresciallo di Polizia Locale, che è intervenuto sul posto.

L’uomo è stato tempestivamente identificato ed è stato accertato che a poca distanza molti bambini stavano giocando nel parco.

Dapprima il Tribunale di Tivoli e, in seguito, il Tribunale della libertà di Roma hanno contestato nei suoi confronti il reato di atti osceni, di cui all’art. 527 co. 2 c.p., e hanno disposto la misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

L’imputato ha proposto ricorso per cassazione, ritenendo insussistenti i gravi indizi di colpevolezza.

La pronuncia

Gli Ermellini hanno rigettato il ricorso perché infondato.

I giudici di merito, infatti, hanno correttamente valutato la gravità indiziaria.

Hanno ritenuto, in primo luogo, ininfluente la durata degli atti e, secondariamente, hanno tenuto conto della contestazione personale visiva effettuata dall’ufficiale di polizia giudiziaria. Infine, hanno giudicato irrilevante la circostanza secondo la quale l’uomo non fosse completamente nudo.

Inoltre, per pacifica giurisprudenza, il parco pubblico è valutato un luogo abitualmente frequentato da minori, cioè “un luogo nel quale, sulla base di una attendibile valutazione statistica, la presenza di più soggetti minori di età ha carattere elettivo e sistematico” e, nel caso di specie, il pericolo concreto è integrato dal fatto che effettivamente molti minori stavano giocando nel parco, i quali avrebbero potuto notare gli atti compiuti dall’uomo.

Studio Legale Damoli

Cass_6281_2019

Le SS.UU. con sentenza n. 30657/2018 hanno disposto che, se in un giudizio di divorzio introdotto innanzi al giudice italiano, vi siano domande inerenti la responsabilità genitoriale di figli minori non residenti abitualmente in Italia, la giurisdizione spetta alla Autorità Giudiziaria del paese di residenza abituale del minore, ai sensi degli artt. 8, par. 1, del Regolamento CE n. 2201 del 2003 e 3 del Regolamento CE n. 4 del 2009, poichè si tende a salvaguardare l’interesse preminente del minore e che i provvedimenti siano adottati dal giudice del luogo più vicino al medesimo.

Studio Legale Damoli

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