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Ai sensi dell’art. 2957 c.c., il termine triennale di prescrizione relativo al compenso per l’opera eseguita ed al rimborso delle spese anticipate dai professionisti decorre automaticamente dal compimento della prestazione.

Il fatto

Un avvocato ha svolto attività defensionale giudiziale in favore di un cliente nei confronti di una società fino al 2001, quando il Tribunale di Roma ha accolto la richiesta del primo e riconosciuto il suo diritto di credito nei confronti del secondo.

In seguito, lo stesso procuratore ha svolto, sempre in favore del medesimo cliente, l’attività di recupero forzoso del predetto credito, fino al 2005.

L’assistito, tuttavia, all’esito del rapporto, non ha pagato i compensi professionali del patrocinatore.

Quest’ultimo, allora, ha chiesto e ottenuto dal tribunale competente, l’emissione di un decreto ingiuntivo per il recupero del proprio credito.

A seguito dell’opposizione proposta verso detto provvedimento, però, sia in primo grado, sia in secondo, i giudici di merito hanno ritenuto prescritto nel 2001 il diritto azionato dal professionista.

Egli ha quindi promosso ricorso per cassazione, ritenendo che l’attività svolta dal prestatore d’opera in favore del committente si fosse invece esaurita nel 2005.

La pronuncia

Con l’ordinanza n. 21943, pubblicata il 2 settembre 2019, la Suprema Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso perché infondato.

La giurisprudenza di legittimità, in materia di prescrizione presuntiva relativa alle competenze dovute agli avvocati, ha individuato il momento di conclusione della prestazione nell’esaurimento dell’affare oggetto dell’incarico da parte del cliente, che coincide con la pubblicazione del provvedimento decisorio definitivo di un procedimento giudiziale.

Nel caso di specie, i giudici territoriali hanno escluso l’unitarietà dell’incarico con riferimento alle iniziative successive alla causa di merito, finalizzate al recupero del credito nei confronti del soccombente.

Di conseguenza, gli Ermellini non hanno potuto che confermare l’accoglimento dell’eccezione di prescrizione.

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Avv. Mattia Verza

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Verona, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e commerciale, con particolare riferimento al settore real estate.

Con l’ordinanza n. 4306, pubblicata il 14 febbraio 2019, la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione ha stabilito che, nell’ipotesi di risarcimento dei danni derivanti da circolazione stradale, devono sempre essere riconosciute le competenze professionali per l’attività svolta dal legale in via stragiudiziale.

Il fatto

A seguito di un sinistro stradale, una Compagnia di Assicurazioni ha offerto ai danneggiati una somma a titolo di risarcimento dei danni.

Questa è stata accettata “a titolo di acconto”, avendo i soggetti lesi richiesto un importo maggiore, oltre alla liquidazione delle spese legali per l’attività svolta dal loro difensore.

Di conseguenza, gli stessi hanno adito il Tribunale di Roma per ottenere il soddisfacimento integrale delle proprie pretese.

I giudici capitolini hanno accolto parzialmente le richieste degli attori, condannando solamente l’Assicurazione a pagare un’ulteriore somma a titolo di ristoro per i danni subiti dagli attori.

Sull’appello formulato avverso detta sentenza, la Corte d’Appello di Roma ha respinto, ancora una volta, la domanda di pagamento delle spese legali stragiudiziali. Secondo i giudici di secondo grado, ai sensi dell’art. 9 del Regolamento attuativo dell’indennizzo diretto per danni da circolazione stradale, non sarebbero dovuti compensi per la consulenza professionale perché l’importo offerto dalla Compagnia è stato comunque accettato.

Sul punto, è stato quindi promosso ricorso per cassazione.

La pronuncia

La Suprema Corte ha accolto le richieste dei danneggiati, condividendone i motivi di impugnazione.

Secondo il costante orientamento della giurisprudenza, infatti, “in tema di risarcimento diretto dei danni derivanti dalla circolazione stradale, (…) sono comunque dovute le spese di assistenza legale sostenute dalla vittima perché il sinistro presentava particolari problemi giuridici, ovvero quando essa non abbia ricevuto la dovuta assistenza tecnica e informativa dal proprio assicuratore, dovendosi altrimenti ritenere nulla detta disposizione per contrasto con l’art. 24 Cost., e perciò da disapplicare, ove volta ad impedire del tutto la risarcibilità del danno consistito nell’erogazione di spese legali effettivamente necessarie“.

Le spese legali richieste, pertanto, sono certamente dovute e possono essere liquidate anche in conformità alla consolidata prassi giurisprudenziale secondo la quale le spese legali relative alla fase stragiudiziale devono essere liquidate come spese giudiziali, perché attività puramente strumentale a quest’ultima.

Cass_4306_2019

Avv. Mattia Verza

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Verona, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.